24 Mag IL CONTESTO ENERGETICO
Settimana di salite, non solo al Giro d’Italia!
Lo spot è l’unico fronte con un po’ di apparente calma in un sistema
globalmente teso. La Week 20 ha chiuso a 53€/MWh e il balance del
mese si assesta attorno ai 53€/MWh, numeri alti se confrontati con l’anno
scorso (Maggio 17 in delivery ha chiuso a 42,8€/MWh), ma in linea con
le aspettative dei trader e gli spark spread. La prospettiva che l’alta
produzione idroelettrica potesse infossare i mercati è ormai una chimera.
I limiti di transito tra le sottozone italiane difficilmente si saturano e il
prezzo, potenzialmente più basso al Nord, rimane supportato dal Sud.
Già ad aprile si è riscontrato questo meccanismo. Il Sud ha infatti chiuso
(stranamente) a premio rispetto al Nord a causa dell’alta produzione
idroelettrica a settentrione e della scarsa generazione eolica in meridione.
Ma solamente nei weekend, periodi in cui la configurazione dei cavi
interzonali permette la separazione dei prezzi tra le zone, si vede l’effetto
deciso dell’idroelettrico che fa scendere molto il prezzo delle ore a bassa
domanda.
Dando un’occhiata agli schermi, il prodotto Giugno è scambiato a 61,5€/
MWh, a circa +8€/MWh rispetto al balance di Maggio, forse uno spread
ingiustificato se si ipotizzano condizioni meteorologiche in media.
A differenza del prompt, la curva più lontana, subisce forti spinte bullish
dai soliti noti: Brent, gas, coal.
Il Brent in particolare ha toccato i valori massimi dal 2014, sfondando
la quota 80$/bbl (così come volevano i Sauditi secondo le indiscrezioni
trapelate), e pensare che solo un mese fa ci si stupiva al superamento
della quota 70$/bbl! I motivi sono quelli a cui già abbiamo accennato
negli ultimi report (embargo all’Iran, tensioni internazionali, contenimento
dell’offerta e aumento della domanda), in particolare si segnala un
aumento dei disordini in Venezuela (la cui produzione è già crollata
del 40% in 2 anni) a causa delle elezioni presidenziali di domenica 20
maggio, considerate illegittime da USA, Unione Europea, Messico,
Brasile e Colombia. Inoltre, la settimana scorsa le scorte USA sono scese
più del previsto e complessivamente le scorte OECD sono praticamente
tornate sui valori medi degli ultimi 5 anni (quello che era l’obiettivo di
Opec e Russia).
La situazione allarma chi ha view rialziste con target 100$/bbl, in primis
il ministro del petrolio indiano, Dharmendra Pradhan, che ha chiesto
all’OPEC di stabilizzare e moderare i prezzi che hanno un forte impatto
negativo sul suo Paese.
Anche lato gas la situazione rimane tesa, subendo il nervosismo dell’oil,
delle interruzioni norvegesi pianificate e non e, inoltre, la scarsa flessibilità
dei sistemi britannici che, complice la limitata offerta del LNG, spingono
la corsa all’iniezione negli stoccaggi. Dal punto di vista globale anche il
JKM (Japan Korea Marker, prezzo benchmark per LNG) è salito a causa
dei prezzi del petrolio e di interruzioni e ritardi sui terminali LNG. Ciò ha
provocato un aumento del prezzo e dello spread con l’NBP che potrebbe
andare a scapito delle importazioni europee.
Per riassumere, tutte le commodity sono tese e guidate dall’oil. È pertanto
importante, nel breve-medio termine, approfittare (per i consumatori) di
qualche ritracciamento tecnico dovuto ai take profit (ad esempio quello a
cui abbiamo assistito la mattina di mercoledì 16/5). Per ora non abbiamo
evidenza di elementi bearish. Forse, una prossima occasione di cambio
trend (a meno di sorprese) potrebbe arrivare con il prossimo OPEC
Meeting (il 22 giugno).
Ricordiamo, infine, che il 15 maggio 2018 la Cassa per i servizi
energetici ed ambientali (CSEA) ha aperto il portale per la raccolta
delle dichiarazioni (eventualmente integrative) ai fini dell’inserimento
nell’elenco definitivo delle imprese a forte consumo di energia per l’anno
2018. Il sistema telematico rimarrà accessibile fino al 14 giugno.